Stanza n. 12 di Via D’Amato (diario di una vita)
Dalla prefazione di Pietro Corsi:
La maestrina siciliana. Potrebbe ben essere questo il titolo della felice quanto inaspettata opera prima di Carmela D’Addario, siciliana d’origine e molisana di adozione, che, anni fa, ha concluso la sua carriera di esemplare insegnate e ha voluto raccontarci l’esperienza, anzi le esperienze, che hanno arricchito la sua vita. Devo premettere che queste pagine mi sono piovute sulla scrivania nel modo più inaspettato: prevedibilmente forse, ma pur sempre inaspettato. Già da tempo l’autrice mi aveva timidamente parlato di un manoscritto che una sua amica voleva che io leggessi. Sapevo, per intuizione e per esperienza maturata nel corso degli anni, che il manoscritto doveva essere suo. Risposi perciò, con cautela ma anche con sospetto, che lo avrei fatto volentieri. Dico con cautela, perché non sono un critico. Aggiungo con sospetto perché spesso succede che una persona che ha un manoscritto nel cassetto, quando decide di tirarlo fuori dice, per timore o soggezione, che appartiene a un qualche anonimo conoscente. Ma c’è dell’altro, c’è un motivo più profondo, credo, dietro il sospetto. Primo Levi, il compianto maestro della nostra narrativa più recente, amava dire, a chi gli chiedeva se scrivere può essere considerato un “mestiere”, che in Italia quelli che scrivono per mestiere sono ben pochi: vanno contati, diceva, sulla punta delle dita di una sola mano. Ora come allora, scrivere non è un mestiere. Se lo fosse, sarebbe il mestiere di tutti perché tutti in Italia hanno un manoscritto nel cassetto. Scrivere è passione: si scrive per amore della scrittura, come ha fatto Carmela D’Addario.
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